COSTRUIRE L’ATLETA
L’istruttore del settore giovanile non ha ancora creato una cultura, in grado di formare, in primo luogo un uomo ed in secondo luogo un buon giocatore professionista. Si usano metodi d’insegnamento ripetitivi ed obsoleti, non sperimentando conoscenze e strumenti atti a scoprire, correggere e sviluppare l’intelligenza, la personalità ed il carattere del giovane calciatore, non rispettando, talvolta, le fasi fisiologiche dello sviluppo ed ignorando l’influenza delle motivazioni e della partecipazione consapevole alla crescita personale. Infatti, si crede ancora che l’impegno, l’apprendimento e l’adesione siano garantiti dalle promesse od offerte utopistiche o dalle gratificazioni di cose materiali. Tutto ciò comporta una crescita molto lenta del giocatore professionista, non in grado di adattarsi alle crescenti esigenze della professione. Egli, infatti, è allenato e preparato a tutto, ma non a pensare ed agire con la propria testa, a proporre o decidere, o ad assumersi responsabilità senza essere guidato. Lo sport non sa ancora trasformare il gioco in uno strumento educativo, capace cioè di sviluppare insieme, la persona e l’atleta, pensando esclusivamente a formare il giocatore di calcio, per soli interessi economici. Alla base di tutto ciò, cerco di migliorare i settori giovanili in cui opero, e migliorarmi per poter crescere assieme ai ragazzi che seguo giornalmente, credendo nella persona e non nelle cose fittizie che vengono spesso promesse e mai mantenute. Cerco di mostrare una crescente curiosità ed interesse verso tecniche più moderne, indagando e sviluppando ciò che è più specifico e che decide e che regola l’attività del giocatore, non limitando la libertà espressiva e la possibilità d’autonomia del giocatore. Il calcio, purtroppo, è sottoposto a pressioni sempre più incalzanti, che non prepara o chiede troppo e talvolta il giocatore sarebbe in grado di dare di più, ma non riesce a farlo, perché c’è una richiesta sempre eccessiva ed opprimente. Questo lo spinge ad esasperare i toni agonistici, la frenesia e l’attesa della gara. Mentre l’agonismo è lucidità, capacità d’essere presenti alla situazione, libertà dalla paura d’errare, non proponendo al giocatore di ragionare con la propria testa, ed a produrre e proporre insieme tematiche per lo sviluppo fisiologico del giovane calciatore. Tutto ciò va contro la sua autonomia, e gli trasmette sensazioni negative e soluzioni già definite e dunque, ne sopisce il desiderio di scoperta e ne ostacola l’attitudine a produrre iniziative personali, limitando delle capacità che probabilmente non usciranno in questa situazione. Si forma un puro esecutore di gesti, mentre il calcio moderno ha bisogno di una mente pensante che sappia decidere ed operare in autonomia, dimostrando le proprie capacità in toto. La funzione educativa non può sottrarsi ad una regola fondamentale: quella di trasmettere da parte dell’insegnante le proprie prerogative ed i propri modelli di comportamento. Se l’allenatore non riconosce il ruolo del giocatore e non si mette al cospetto di esso, non potrà mai aspettarsi un individuo conscio delle proprie possibilità, autonomo, ma solamente pronto ad ascoltare le tematiche proposte, ma soprattutto pronto a proporre idee nuove e soluzioni alternative alle esercitazioni proposte, in funzione della propria crescita graduale e progressiva, che porterà a costruire prima l’uomo e poi il giocatore di calcio. L’allievo deve partecipare in modo attivo e diretto al proprio processo di maturazione psicologica ed intellettiva, ed in questo modo saprà amministrarsi da solo, portando a termine con continuità esercitazioni di tipo complesso. L’insegnante trasmette comportamenti, conoscenze, norme, convinzioni, valori ed aspirazioni comuni, ma intanto crea un clima che induce l’allievo ad assumersi le proprie responsabilità, usando tutti i concetti immessi secondo le proprie attitudini e poi a farli evolvere nella misura consentita dalla sua dotazione creativa. Egli interviene quindi, per completarsi includendo creatività, fantasia, originalità, critica, curiosità, iniziativa, coraggio e tutto ciò che concerne e che concorre ad interpretare la realtà ed a farla evolvere. Si migliora inoltre la capacità di mettersi al servizio della funzionalità del collettivo, di scegliere soluzioni più efficaci, di sapere acquisire dalle esperienze e saperle trasformare in bagaglio personale, immedesimandosi nelle situazioni, di capirne gli usi e le implicazioni e di portare una propria impronta personale che serva a renderle più funzionali, o quella dote, fondamentale nell’evoluzione, di saper imparare da chiunque ma, di superare, allo stesso tempo, quanto può essere trasmesso con l’insegnamento. Tutto ciò allena e sviluppa il sentimento sociale ed abitua a cooperare, in quanto il collettivo è la condizione che raccoglie i contributi di tutti e pretende che ognuno si sappia mettere al servizio di tutti gli altri e in quanto pone come tratti essenziali del rapporto di stima, la partecipazione, la risposta ai rispettivi contributi, lo scambio paritario, il rispetto, e la disponibilità. Allena al coraggio mettendosi alla prova anche quando è possibile andare incontro alla sconfitta od ad uno svantaggio personale, a tentare anche quando gli sforzi possono sembrare inutili, od alla forma più evoluta, che è il saper cercare, ammettere e correggere i propri errori. Il calcio insegna inoltre a pensare, a valutare ed a proporre in quanto chiede e permette ad ognuno di portare i propri contributi d’idee ed iniziative. Ed infine chiama il genitore a partecipare ma, intanto, gli offre gli strumenti e le conoscenze perché non si trasformi in uno stimolo negativo.In questa prospettiva, chi si limita a trasmettere dei contenuti può portare l’allievo a conoscerli, ma non a viverli ed usarli in maniera consapevole e, inoltre non può mai arrivare alle sue qualità ed ai suoi caratteri specifici e dunque non può aiutarlo a svilupparli. Il rapporto è il fondamento dell’educazione. La stima, la reciprocità, il rispetto, la possibilità di partecipare in posizione paritaria e di cooperare per raggiungere gli stessi obiettivi sono le condizioni che portano l’allievo ad apprendere ed ad agire, in modo naturale, nell’ambito dei modi condivisi. Qualsiasi traguardo ed acquisizione è un momento di un processo che non può essere mai essere considerato definitivo e concluso: è professionalmente completo solo se il giocatore sa evolversi e completarsi fino al termine della carriera. L’allievo, in serenità, riuscirà ad avere il coraggio di fronte alle difficoltà ed al rischio dell’errore, di sperimentarsi ed andare oltre quanto gli si può essere insegnato.
dr. Claudio De Martini
giovedì 8 novembre 2007
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