Il bambino.
Il calcio è uno sport di squadra, dunque uno sport in cui il giocatore non può gareggiare senza l’apporto tecnico e tattico dei compagni. Il partecipare ad attività sportive in cui la disciplina praticata prevede l’interazione tra più soggetti appartenenti alla stessa squadra, porta a sentirsi uniti in una collettività cui si può assegnare il nome di gruppo.
Tutti gli appartenenti al gruppo si muovono in campo, interagendo, ed avendo finalità d’intenti ed obiettivi comuni.
Il bambino che si avvicina alla pratica del calcio, ha la necessità di giocare, in forma ludica, ma orientata ed organizzata, in modo da poter eseguire gesti tecnici sotto forma di giochi didattici, e giuochi in cui vi sia una componente prettamente coordinativa e generale d’indirizzo tecnico sportivo. Tutte queste linee guida trovano la loro maggiore applicazione nella psicomotricità. Per psicomotricità si considerano tutte quelle proposte che favoriscono lo sviluppo globale del bambino, nell’aspetto motorio, psicologico e cognitivo; ovvero proposte che aiutano il bambino nella maturazione corporea totale, utilizzando entrambe le mani ed i piedi, stimolando con appropriati esercizi l’uso indistinto di tutti gli arti, e di tutto il corpo. Nell’ambito del gruppo, il soggetto, dovrà conservare una sua identità e personalità. Queste non devono mai essere soppresse anzi esaltate soprattutto nella parte ludica dell’attività sportiva, sfruttando la spontaneità e la fantasia, senza condizionarli in stereotipi esercizi atletici. Non vi è dubbio che lo sport è una variante del giocare. Tuttavia il calcio, essendo uno sport ad alta semeiotricità, dove l’attività avviene in situazioni non sempre facilmente prevedibili, richiede una maturità della funzione motoria ed elevate competenze cognitive.
I bambini cui dedichiamo il nostro tempo, hanno comunemente poca capacità coordinativa e la loro lateralità non è ancora sviluppata, con la conseguente incapacità d’eseguire esercizi preconfezionati.
E’ fondamentale quindi far eseguire esercizi dove ci sia una componente globale, ed il tecnico non deve soffermarsi sull’aspetto di come sono eseguiti sotto il punto di vista tecnico, ma se l’esercizio viene eseguito in modo coordinato
concentrando la nostra attenzione sul controllo corporeo e coscienza corporea che deve avere il bambino.
Il nostro allenamento deve essere sviluppato innanzi tutto con giochi che sviluppano la conoscenza e l’apprendimento in forma divertente, finalizzato ad apprendere uno sport: il gioco del calcio.
Non dobbiamo giocare solo a calcio, ma dobbiamo giocare di più con il calcio!
Quando l’azione motoria assume il significato di mezzo operativo per raggiungere uno scopo, viene indicata con il termine strategico-tattica. Attraverso questi comportamenti il bambino esprime col gioco il linguaggio universale del corpo: il movimento. Ci sono bambini molto disponibili ad apprendere nuovi movimenti e vedono in ogni stimolo motorio qualcosa da imparare. Altri invece, sono poco interessati ad espandere la loro motricità.
Ecco l’importanza di instaurare e conquistare da parte del tecnico, la loro fiducia e tenere sempre alta la loro attenzione, accogliendo il giovane calciatore, dimostrandosi sempre sereno, trasmettendo l’amore e la passione per questo sport.
Cercando di creare un ambiente di lavoro allegro e motivante dove il bambino si diverte senza distinzioni o rivalità personali. Bisogna aiutarli a crescere individualmente e tecnicamente, in un ambiente dove esistono delle regole ed il rispetto reciproco tra compagni. Il tecnico funge da modello per i piccoli calciatori, e li aiuta a creare le giuste motivazioni, insegnando loro, con adeguate metodologie, le tecniche calcistiche. Cercare di variare in modo continuo l’allenamento, in modo che il bambino possa esprimere in toto le sue capacità, non annoiandosi e tenendo loro un dialogo adatto per l’età anagrafica che rappresentano. Un buon rapporto tra istruttore ed allievo è alla base del raggiungimento di taluni obiettivi. L’istruttore fornisce all’allievo un modello di riferimento solo se è preparato sul piano motorio ed è provvisto di abilità tecniche. Inoltre si richiede che rappresenti per l’allievo anche un modello avvincente e facilitante non solo il processo maturativo dell’identità personale del bambino, ma anche del giusto sviluppo relazionale con gli adulti ed i coetanei, rapportando l’attività sportiva alla crescita educativa.
E’ importante porsi nei confronti del bambino in modo autentico, facendo trasparire le proprie emozioni e, se lo ritiene opportuno, comunicare la propria esperienza. Oltremodo accettare l’allievo in modo positivo ed incondizionato, in altre parole accettare il bambino così com’è. In tal modo è più facile che avvengano presto cambiamenti nel senso del miglioramento. L’istruttore non deve mai formulare giudizi affrettati. Ed infine riuscire a comprendere in modo empatico, vale a dire ascoltare in modo attivo soprattutto quegli allievi che presentano maggiori difficoltà.
Nelle scuole calcio l’obiettivo primario deve essere quello dell’insegnamento delle abilità motorie, cui consegue un miglioramento delle tecniche calcistiche. Gli esercizi-giochi devono esser spiegati in modo semplice, con parole di facile comprensione e con poche regole, in modo veloce ed efficace senza portar via loro del tempo per giocare.
Se ci troviamo di fronte ad esercitazioni non capite o svolte in modo non adeguato, prima di alzare la voce e sgridarli, dobbiamo porci alcune domande:
Abbiamo spiegato bene l’esercizio? Era di facile esecuzione? Abbiamo dato delle regole chiare e definitive?
Il risultato non deve essere posto come qualcosa da raggiungere ad ogni costo. Il divertimento in allenamento ed in partita deve essere sempre presente. E’ necessario fare un distinguo tra vittoria e successo. Vincere non è tutto, è un obiettivo importante ma non l’unico. La sconfitta nella competizione non deve essere considerata un fallimento personale, perché anche in una sconfitta si possono individuare elementi da sviluppare, e miglioramenti che, quindi vanno considerati come un successo. Successo non è solo vincere ma, soprattutto, lottare con tale fine.
Ovviamente non si deve esasperare l’agonismo precoce che , in mancanza di risultati, può portare all’abbandono precoce. I tecnici devono sempre ricordarsi che hanno di fronte non adulti ma bambini che si trovano in una fase molto importante non solo dello sviluppo motorio, ma anche di quello psichico.
L’interazione tra tecnico ed allievo deve essere biunivoca in modo tale da garantire al bambino di apprendere ed all’adulto di migliorarsi.
Claudio De Martini
giovedì 8 novembre 2007
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